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La superiorità e i buongustai (anno 2020)
Tanti pensano che “superiorità” sia una parolaccia. Per quanto mi riguarda, … beh … non saprei. Ho lo stesso atteggiamento verso le connotazioni di questa parola che quanto ne abbia verso le religioni. Sono un agnostico.
Una volta al bar un conoscente mi disse che secondo la sua esperienza accademica il greco era meglio per la filosofia e il latino era meglio per l’ingegneria e per i proverbi.
Ma comunque, non sei forse tu - disgraziato foresto e persona ignobile - che vorresti convincermi che un Merlot di provincia sia meglio di un Bordeaux d’ annata? Un vino superiore qui, un vino da tavola la’.
Non c’e’ differenza, certi dicono.
La differenza, per quanto ne sappia, sta nel mercato capitalista che conduce le danze.
Ma del resto… non tutti tra loro (la gente) sono sommeliers.
Ai fini di una società senza fumo (2018)
Se il tabacco non esistesse come raccolto, pensate che qualcuno, a meno che non sia dotato di senno, vorrebbe crearlo? Potete immaginare un biochimico o un genetista coscienzioso che voglia creare una pianta, una foglia o una cosa simile che causa alta dipendenza, e che contiene una miscela di sostanze chimiche come il benzene e più di settanta altre sostanze già note che scatenano una serie di problemi di salute tra cui il cancro? Spero di no. E un altra domanda segue: "Se non l'avessimo mai visto o non ne avessimo mai sentito parlare, ci mancherebbe davvero?" Probabilmente no. Ma prima di arrivare al punto centrale della mia idea, lasciate che vi racconti qualcosa sulla mia esperienza di fumatore.
Ho fumato la prima sigaretta in Italia nella metà degli anni '80, da solo, in momenti storici in cui tutti sapevano che il tabacco non era salubre ma i pericoli non erano dimostrabili come ora, e non c'erano campagne mediatiche serie che ne scoraggiassero l'uso.
I motivi per cui un adolescente decide di assumere questo vizio potrebbero variare un po' da persona a persona, ma sospetto che sin d'allora siano rimasti più o meno gli stessi .
Personalmente è stata la curiosità, e le aspettative per un leggero aumento della vigilanza indotto dalla nicotina, così come l'idea che tenere in mano un ardente candelotto bianco e marrone fosse una specie di cosa interessante da farsi che avrebbe potuto aiutarmi con la socializzazione e la convivialità.
Un altro motivo, ma le cose ora sono cambiate, era la prospettiva di non convenzionalità e di appartenenza a un gruppo più o meno omogeneo di persone fiche, alla moda, o ribelli.
Trent' anni dopo, quest'ultimo motivo mi fa fremere con l'umiliante sensazione che – di questi giorni – alcuni dei non fumatori e degli ex fumatori mi vedono più come un perdente che come un ribelle o come una persona non convenzionale.
Le prime sigarette, e non è ancora una dipendenza a tutti gli effetti. Nella mia esperienza, ci è voluta una sorta di "dedizione", per così dire. E la noia. E la diffusa disponibilità delle sigarette. Quelli tra noi che hanno sempre resistito l'uso intenso e si sono accontentati di massimo due o tre al giorno, non sono mai stati veramente dipendenti e potrebbero facilmente smettere completamente.
Indubbiamente, affinché la mia idea funzioni meglio e anche per l'ovvio fatto che il tabacco e' nocivo, le varie voci mediaiche di dissuasione e deglamorizzazione (Questa è una parola che ho appena adesso inventato e non esiste nel dizionario, ma si spera che sia ben compresa in questo contesto) – se presenti – dovrebbero rimanere in vigore il più possibile e per tutto il tempo necessario. Anche perché di questi giorni non c'è nulla di particolarmente anticonvenzionale o ribelle nel fumare, e anche se desideraste essere non convenzionali o ribelli, non sarebbe necessario accendere le sigarette.
Quello che con la presente definisco "fattore dumb down", lo strano meccanismo psicologico simile a quello di quando si usa un dialetto locale nonostante si parli la lingua standard, o quel fenomeno secondo cui i fumatori sono condotti a banalizzare una particolare situazione sociale sbuffando insieme con sentimenti di patetica solidarietà, potrebbe effettivamente essere una realtà, e potrebbe anche comportare – per alcuni – un certo grado di atteggiamento discriminatorio nei confronti dei non fumatori. Non si può fare molto per eliminare il "fattore dumb down", ma la sua consapevolezza potrebbe forse beneficiare i fumatori che hanno deciso di ridurre o di smettere. I fumatori dipendenti come me, presumo, anche se quando hanno bisogno di una sigaretta qualsiasi posto dove è permesso andra' bene, tendono a sentirsi più a proprio agio quando ci sono altri fumatori intorno.
Nel 2010, dopo circa 24 anni a 20 o più al giorno, o una quantità equivalente di roll-up, ho contratto un tumore cancerogeno nel polmone sinistro. Non ci sono prove che il suddetto tipo di cancro fosse direttamente collegato all'uso del tabacco, tuttavia mi sono spaventato così tanto che dovetti smettere. In solo due settimane sono riuscito a sbarazzarmi del tabacco. Ma circa un anno dopo l'operazione, più di 350 giorni di desiderio più o meno intenso, un tipo mi e' venuto a offrire una sigaretta, e nonostante dicessi che avevo smesso, e' bastata solo una spintarella per farmi ricominciare. Prima che me ne rendessi conto ero di nuovo a 20 al giorno.
2015 e dintorni. Sentendomi un po' come un fallimento e preoccupato per la mia salute, decisi di darmi un'altra possibilità. Con l'aiuto di alcuni spray nasali alla nicotina, sono riuscito a liberarmi del dannato veleno per la seconda volta. Ma il desiderio e' persistito, e dopo una decina di mesi – in circostanze simili a quanto sopra – ricominciai. Negli ultimi tempi, anche se ho cercato di negarlo, ho dovuto affrontare il fatto sfortunato ma abbastanza prevedibile che – soprattutto di notte – avevo difficoltà a respirare. Solo l'orribile tosse mi ha fatto rismettere, ma solo per cinque giorni. Poi, per qualche altro tempo, ho alternato roll-up con vaping, che ha contribuito a farmi ridurre. Mi sentivo un po' meglio, ma traevo ancora piacere dal fumo. Poi il vaping mi ha dato alcuni problemi con l'irritazione degli organi respiratori e una tosse ancora peggiore. Ho quindi rinunciato all'idea e fin d'allora ho continuato a fumare 17 g di tabacco sciolto al giorno.
Una condizione che ritengo sia politicamente e ideologicamente necessaria affinché questa proposta si concretizzi è la seguente: dovremmo tutti riconoscere e concordare sul fatto che il tabacco è un veleno pericoloso e ne vorremmo scoraggiare l'uso. Quindi, anche se sei un fumatore e il tabacco ti da soddisfazione, e non hai ancora complicazioni di salute dovute al suo uso, potresti comunque voler simpatizzare quando dico che non lo consiglierei, né approverei se mio figlio o a mia figlia prendessero un'abitudine così dannosa. Come nazione, come genitori, vorremmo che i nostri discendenti fumino? Nel futuro, sara' legittimo consentirlo ai nostri figli? Se la risposta è no, sarete probabilmente interessati a leggere questa prossima domanda: "Prendereste in considerazione una societa' in cui fumatori, non fumatori ed ex fumatori si aiutino a vicenda per sconfiggere questa dipendenza diffusa senza sentimenti di fanatismo, discriminazione o disprezzo?
Personalmente, non sono mai stato un entusiasta degli interventi da Stato balia a buon mercato. Pertanto, se vi piacesse questo approccio un po' draconiano, bisognerebbe capire che in questo caso, più che di una proposta da Stato balia, si tratta di un'idea che si potrebbe concretizzare in leggi dello Stato che ridurrebbero gradualmente e considerevolmente il numero di fumatori e la quantità di tabacco consumato. Ma se la gente crede che gli adolescenti abbiano un diritto incontrovertibile a fumare non se ne fa nulla.
E ora al punto centrale della mia idea.
Pensavo a un sistema di concessioni basato sui pesi. Le aziende produttrici di tabacco dovrebbero sempre indicare in caratteri di grandi dimensioni, sui pacchetti, il peso netto e la quantità di nicotina e catrame di tutti i prodotti che vendono.
Una "concessione tabacco" corrisponde al numero di sigarette di 84 mm (king size) che qualsiasi fumatore nel paese può acquistare giornalmente, e un'unità corrisponde a una concessione tabacco 1, o 0,8 g di tabacco, che è il peso netto medio del tabacco di una sigaretta da 84 mm (senza carta e filtro). Supponendo che 20 sigarette pronte king size equivalgano a circa 14-15 g di tabacco sciolto per roll-up o pipa, la concessione tabacco giornaliera massima di 36 unità sarebbe equivalente a una busta da 25,2-28,8 g di tabacco sciolto. Abbastanza per esaurirsi il respiro e morire prematuramente.
Per il momento, non mi preoccuperei troppo di cercare di differenziare le concessioni in base alla forza: i clienti sono autorizzati a scegliere responsabilmente la forza desiderata. Ma presumo che il governo sarebbe in grado di consentire alle aziende produttrici di tabacco di vendere solo prodotti con massimo 25 mg di nicotina a peso secco in una sigaretta king size di circa 0,8 g, che equivale a un massimo di 2,5% di nicotina consentito in tutti i prodotti a base di tabacco. (Il peso a secco è il peso effettivo, non la resa.) La resa è la percentuale media di nicotina assorbita dall'organismo che le aziende a volte dichiarano sui pacchetti. Non dovremmo cercare di legiferare in base alla resa. La resa è probabilmente qualcosa di difficile da misurare e varia da persona a persona secondo quanto intensamente si "succhia". Il mio suggerimento di fissare un limite massimo di 2,5% di nicotina è dovuto esclusivamente al mio buon senso, semplicemente perché la stragrande maggioranza dei fumatori sarebbe d'accordo con me sul fatto che questa quantita' è più che sufficiente per ottenere un effetto soddisfacente. Per quanto mi riguarda, se davvero volete saperlo, mi basta l' 1,8% o meno, anche se non sono nemmeno così sicuro di questa percentuale perché spesso non la dichiarano. E lo dovrebbero fare.)
Per quanto riguarda la quantità di catrame (come la misurano?) o qualsiasi consiglio su usi più sani (filtri, dimensioni, carte e diversi tipi di tabacco), immagino una politica che mantenga lo staus quo. Su questi temi, la gente ha opinioni sorprendentemente diverse spesso basate su fonti non verificabili, quindi dovrebbe essere autorizzata a scegliere responsabilmente per se stessa.
Affinché il sistema di concessioni funzioni, è necessario fissare dei massimi. Per inciso, il mio precedente suggerimento di una concessione massima di 36 sigarette king size o unità al giorno è solo una proposta che potra' essere ratificata in seguito alla valutazione di altre raccomandazioni forse più informate e convincenti . Ma chi ne fuma più di 36 al giorno – scommetto – non si lamenterebbe: sa di avere un grave problema di fumo senza sosta e probabilmente pensera' che la nazione gli stara' facendo un favore se non gli permettera' di superare quel limite di acquisto.
La concessione minima è una sigaretta di dimensione standard (84 king size) che pesa 0,8 g o meno senza carta alla settimana, o 1 unità alla settimana. Se si ha bisogno di più, si puo' scegliere di averne 2 a settimana, 4 a settimana, 6 a settimana, 1 al giorno, 2 al giorno, 5 al giorno, 10 al giorno, 15 al giorno e così via con incrementi di 5 fino a 35 al giorno più 1. La concessione massima, come suggerito in precedenza, sarebbe fissata a 36 unità al giorno. Gli imballaggi per tutte le quantità e le buste di cellophane marrone scuro contenenti 1, 2 e 4 sigarette king size o equivalenti in tabacco sciolto comporranno tutte le quantità desiderate se acquistati insieme. Le quantità di tutte le concessioni devono essere procurabili presso tutti i negozi al dettaglio che vendono tabacco il più facilmente possibile. Per essere più precisi, quello che intendo per"facilmente", è che se ad esempio un cliente che volesse acquistare solo due unità (equivalenti a un cellophane di due sigarette king size o a una bustina da 1,6 g di tabacco sciolto), non dovrebbe ritrovarsi nella posizione di dover viaggiare per miglia e miglia per questa quantità desiderata, ma dovrebbe sempre essere in grado di trovarla disponibile presso un negozio vicino. Tuttavia, la questione di come imporre la disponibilità delle "piccole quantità" esula piuttosto dalle mie competenze, e devo quindi rinviarla. Per inciso, il motivo per cui la disponibilità di queste "piccole dosi" ha rilevanza in questo contesto sarà più chiaro più avanti in questo testo. Ciò che posso dire per ora è che per alcuni fumatori accaniti la possibilità di acquistare un cellophane contenente, ad esempio, solo due sigarette king size una volta alla settimana, scongiurerebbe certamente la tentazione di un uso più forte.
Poiché il peso netto del tabacco delle 100s spesso non è superiore a 0,8 mg, le buste in cellophane delle sigarette da 100 mm che ne contengono quattro o meno di quattro potrebbero essere vendute secondo gli stessi criteri di quelle da 84 mm. Tuttavia, se il peso netto del tabacco di 100s fosse di 1 mg e si avesse una concessione tabacco di 5 unità al giorno, vi sarebbe consentito solo un cellophane di quattro 100s al giorno, e se si avesse una concessione di 10 unità al giorno solo un pacchetto di otto 100s al giorno, e cosi' via proporzionalmente fino alla concessione massima di 36 al giorno, che vi darebbe il diritto di acquistare 28 sigarette lunghe (100s) al giorno.
Le leggi riguardanti le avvertenze sui confezionamenti possono rimanere le stesse e applicarsi anche alle buste in cellophane.
Se volessimo acquistare tabacco, dovremmo tutti richiedere una concessione tabacco tramite un modulo online. Poi, un tesserino magnetico con i dati del titolare e con la concessione settimanale verrà emesso e distribuito. Sarà necessario farlo scorrere dal rivenditore per le transazioni. Il sito web potrebbe essere chiamato " Mandatory tobacco allowances UK, mta.gov.uk", o qualcosa del genere. Ai giovani di età inferiore ai 20 anni non sara' permesso presentare domanda e ai richiedenti che non hanno mai fumato saranno rifiutate concessioni superiori a 6 unità al giorno (42 unità a settimana). I fumatori esistenti sono consapevoli della quantità di cui hanno bisogno e faranno domanda per una concessione settimanale conformemente. Ad esempio, se al momento avessi bisogno di circa 17 g di tabacco al giorno, chiederei 21 unità al giorno (147 unità a settimana), perché 1 unità è fissata al peso di 0,8 g di tabacco. Inoltre, il tabacco non può essere acquistato in quantità superiori alla concessione settimanale. Ciò significa che se ho acquistato 147 unità di tabacco un lunedì dopo la mezzanotte (nella data d'inizio della concessione settimanale), se cerchero' di acquistarne ancora prima che siano trascorsi sette giorni, la vendita verrà rifiutata. Ciò significa anche che nessuno potrà far provviste per più di una settimana. Tutti i rivenditori di tabacco e i negozi online dovranno essere collegati al database del sito, e sapranno quante unità ci sono nell'account di tutti i fumatori. Le "unità non spese" scadono ogni settimana. Ciò significa che se ad esempio ti fossero consentite 147 unità a settimana e durante un periodo di sette giorni ne avessi utilizzate solo 100, non ti sarebbe permesso spendere le restanti 47 in accumulazione alle 147 della settimana successiva.
Dovremmo sempre essere in grado ed incoraggiati a ridurre le concessioni. La riduzione della concessione può essere effettuata facilmente tramite il sito. La maggior parte dei fumatori è consapevole dei pericoli del tabacco e potrebbe volersi autodisciplinare. Molti si renderanno conto che la riduzione graduale della concessione gli aiuterà a diminuire e smettere. Tuttavia, non dovrebbe mai essere possibile aumentare una concessione senza prima fare appello tramite il sito. Il processo di ricorso richiederebbe che al fumatore venga addebitata una somma di denaro (da stabilire) e che il richiedente non sia mai in grado di aumentare la sua concessione di oltre un terzo. Le persone con determinati problemi di salute come asma o BPCO potrebbero non essere autorizzati ad aumentare. Competenze mediche possono essere ricercate per elencare una serie di malattie in cui un aumento della concessione settimanale non solo sara' sconsigliato, ma anche rifiutato.
Mentire nel modulo deve essere illegale e punibile secondo la legge con una multa salata.
Una pagina del sito potrebbe informarci tutti (governo e pubblico) sul consumo di tabacco nel Regno Unito. Sarà possibile per tutti visitare una pagina aggiornata quotidianamente dal sistema che ci informerà su percentuali, numero di fumatori per sesso, età, contea, nazionalità, etnia e concessioni tabacco settimanali.
Il periodo di transizione? Non so quanto tempo potrebbe essere necessario per emettere e inviare le tessere a tutti i fumatori esistenti, ma se e quando tutto sarà pronto (quando il software sarà pronto, quando le aziende che confezionano il tabacco venderanno nelle quantità stabilite e i rivenditori avranno il software per condurre le transazioni) avremo tutti 6 mesi di tempo per presentare domanda. Rivenditori e negozi online rifiuteranno le vendite di tabacco a coloro che non hanno la tessera (o i suoi dettagli e password per gli acquisti online) solo quando il periodo di transizione di 6 mesi sara' trascorso.
Dovuto al fatto che per il momento sono solo un comico non remunerato, concluderò con una battuta. Non credo che questa sia un'idea che possa essere messa in vendita, ma se qualcuno di voi pensa di si e la voglia comprare, ve la regalo per una stecca di Marlboro.
François Truffaut (anno 2018)
"L'adolescenza lascia un buon ricordo solo agli adulti con scarsa memoria."
È colpa della scuola neofascista, direi a François. E dell'ignoranza del popolino. Ma soprattutto del fallimento criminale dei genitori, e in particolare del diavolo malato, immaturo, disgustoso e indisciplinato. Uno che si aspetta che la gente sia superficiale e infelice come lui.
Mia cara. Per quanto riguarda il passato, sei la mia unica speranza. Presto giocheremo agli stessi giochi così odiati dal diavolo, a cui non piacciono i bambini, e quindi non sa vivere.
L'arte per lui sarà sempre di seconda natura, comunque.
Un pensiero su linguaggi e tecnologia (anno 2017)
In un dato linguaggio umano, se cercassi di impiegare molti termini distintivi a bassa frequenza la comunicazione potrebbe forse diventare un processo migliore, più creativo ed efficace, e forse anche più interessante.
Si consideri ad esempio il linguaggio informatico HTML già ampiamente sviluppato, in cui una conoscenza davvero buona dei suoi singoli componenti si tradurrebbe in una maggiore precisione e forse anche in un valore estetico maggiore.
Quindi, la mia domanda è la seguente: "Pensate che più grande sia la vostra comprensione dei vocabolari e delle sintassi maggiori siano le vostre possibilità di espansione mentale?".
Ora una famosa citazione di Wittgenstein: "I limiti delle mie parole sono i limiti del mio mondo."
Penso però che questo sia solo un truismo, perché la creatività e le competenze che abbiamo non sono sempre eguagliate dalle nostre capacità linguistiche.
Globalizzazione (anno 2017)
Cari lettori,
Oggi, le mie modeste osservazioni sulla globalizzazione.
Dal mio punto di vista, non c'è nulla di deplorevole nelle intenzioni e nei possibili risultati originariamente associati all'idea di globalizzazione.
In precedenza, non era principalmente la liberalizzazione dei mercati (oggi con le sue conseguenze talvolta dannose), ma soprattutto l'estensione delle relazioni economiche, politiche e culturali tra le nazioni del mondo. Per quest'ultima connotazione, soprattutto per quanto riguarda le questioni culturali, ora usiamo l'anglicismo globalizzazione, invece di "mondializzazione" quando ci riferiamo al sistema unico mondiale, o a società che si assomigliano sempre di più, un fenomeno che preoccupa alcuni e che per altri è semplicemente ineludibile.
Naturalmente, la globalizzazione può causare la diffusione di malattie (temiamo le pandemie), crisi finanziarie, attacchi informatici ... Tuttavia, è plausibile che queste piaghe sarebbero apparse comunque, anche senza la liberalizzazione dei mercati, senza lo sviluppo dei mezzi di trasporto, eccetera. Poi, è piuttosto facile immaginare che i benefici, soprattutto in termini di democratizzazione generale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, superino di gran lunga i rischi o la realtà degli attacchi informatici.
A mio parere, l'idea di un mondo unito senza frontiere, di un villaggio globale (globalismo) è un'ideologia desiderabile, non solo un sogno irrealizzabile, a condizione che si consegua e si instauri una vera democrazia, e che le disuguaglianze tra i popoli e le persone rimangano, in conclusione, solo un brutto ricordo del passato.
Purtroppo, però, secondo molti analisti, le cosiddette organizzazioni globaliste, in particolare l'FMI e l'OMC, stanno spesso esacerbando le disuguaglianze. Ci chiediamo se "mercato libero" sia solo un'espressione che porta male il suo nome.
Circa l'utilitarismo (anno 2017)
Il pensiero che segue è forse un po' di parte a causa del fatto che nella mia vita alcune persone orribili cercarono in qualche occasione di prendermi in giro impartendomi dei compiti stupidi al disotto delle mie capacità. E poi non ho precedenti in economia, quindi non sono in grado di apprezzare appieno o commentare sulle teorie keynesiane. Ma a una cosa credo: che non dovremmo mai sprecare il tempo e gli sforzi delle persone. Il lavoro che svolgiamo dovrebbe essere sempre in qualche modo utile o necessario, o almeno significativo e rilevante per alcuni.
La metafora dei buchi, che alcuni teorici vorrebbero che scavassimo e poi riempissimo di nuovo solo per tenerci occupati, mi ricorda le case di Southwark, dove i locali venirono dipinti e ridipinti innumerevoli volte, perché i capi pensavano che i residenti avessero avuto bisogno di uno scopo. Una teoria oggi datata, mi pare.
Detesto tutti i tipi di sprechi, e quindi se fossi al comando e ti rappresentassi, ti lascerei andare in vacanza, invece di sprecare le mie e le tue risorse. Chi vuole lavorare su progetti inutili o privi di significato? Per quanto mi riguarda, non vorrei farlo neanche se i salari fossero migliori dell'indennità di disoccupazione e non avessi nessuna aspirazione. Molte delle cose che molte persone fanno oggi hanno poco valore utilitaristico o intellettuale. Eppure, allo stesso tempo, sembra che il divario tra ricchi e poveri diventi sempre più estremo.
Sull'immigrazione e il razzismo nel Regno Unito (2015)
Un'esperienza di vita lunga 17 anni a Londra mi porta a concludere che un qualche tipo di propaganda, in particolare quella praticata dai tabloid, è non fattuale e immorale. Vorrebbero che crediate che gli stranieri stanno "invadendo" la Gran Bretagna e stanno erodendo le risorse del SSN e le assegnazioni di benefici statali.
Le statistiche raccontano un'altra storia. Nel 2009, il Regno Unito aveva poco più di 4 milioni di cittadini nati all'estero, o il 6,6% della popolazione totale. Per contro, nello stesso anno, la Germania aveva oltre 7 milioni di cittadini di origine straniera, o l'8,8% della popolazione.
È vero che siamo un'isola relativamente piccola che diventa sempre più popolosa, ma l'immigrazione è un problema anche in molti degli altri paesi dell'Unione europea.
È plausibile che forse ci sia stato un fallimento nella creazione di una società veramente multiculturale, ma non è esattamente quello che Angela Merkel ha concluso quando ha riferito sul suo paese a Potsdam nel 2011?
Praticamente tutti i miei amici, e io stesso tendo ad accettare i loro sentimenti, concordano sul fatto che gli stranieri a Londra, almeno la stragrande maggioranza di loro, hanno messo nell'economia più denaro di quanti ne abbiano tolto. Stanno arricchendo questa città sotto tutti gli aspetti.
I lavoratori dell'Europa orientale, che spesso vengono accusati di aver fatto scendere il costo del lavoro, competono nell'economia del mercato globale libero. Fanno ciò che farebbe un inglese, o comunque quello che farebbe uno di qualsiasi altro paese, se scoprisse che la vita potrebbe offrire più opportunità e i salari potrebbero essere abbastanza alti da persino inviare rimesse ai loro parenti.
Poi, per motivi etici e dal mio punto di vista personale, le economie reali più prospere dell'Occidente hanno un dovere: dare una possibilità a coloro che cercano una vita migliore, prestando particolare attenzione e compassione ai rifugiati politici, che fuggono per lo più da luoghi dittatoriali dilaniati dalla guerra.
Per quanto mi riguarda, come agnostico, a tutti coloro che affermano che la Gran Bretagna è un paese cristiano rispondo: "Un'area geografica, o una nazione, definita dal dizionario come un'aggregazione di popoli di una o più culture, razze, ecc., organizzata in un unico stato, probabilmente non è mai unita da un'unica religione. Tuttavia, e sicuramente, ogni volta che per la vostra lealtà alle dottrine cristiane pagate un po' più di tasse per contribuire al il bilancio degli aiuti esteri o alle Entrate (soldi che dovrebbero essere utilizzati anche per prendersi cura degli svantaggiati e degli "immigrati"), non dovreste lamentarvi. L'interesse nazionale è un concetto estraneo a Gesù.
Per quanto riguarda le questioni razziali, prima di continuare, vorrei assicurarmi di cosa si intenda con le parole "razzismo", "razza" e "xenofobia".
Ciò che tutti i dizionari anglofoni che ho consultato sembrano riferire all'unanimità, è questo: "Pregiudizio, discriminazione o antagonismo diretti contro qualcuno di una razza diversa basato sulla convinzione che la propria razza sia superiore" (dizionario di Oxford) o più semplicemente "Una credenza o dottrina che la propria razza sia superiore" (WordReference.com).
Ora sorge una domanda: "Cos'è una razza umana?" Da ulteriori ricerche, ho scoperto che in questi giorni la più antica definizione antropologica (fisica) di razza implicante che gli esseri umani possono essere classificati in diversi tipi (ad esempio Caucasoide, Mongoloide, Negroide ecc.) usando metodi di differenziazione come la forma dei capelli e la misurazione del corpo, ha ora pochissima posizione scientifica.
Poiché oggi tutti gli esseri umani sono geneticamente molto simili, il concetto di razza è stato abbandonato per il concetto di "cline", una serie graduata di differenze che si verificano lungo la linea della transizione ambientale o geografica.
"Razza" oggi è principalmente una designazione sociologica che identifica una categoria di persone che condividono alcune caratteristiche fisiche esteriori e alcuni punti in comune di cultura e storia.
In parole povere, secondo la mia interpretazione, una persona razzista oggi è una persona che discrimina, o addirittura odia, uno o più gruppi di persone che non condividono i propri tratti fisici o la propria cultura e storia.
Uno xenofobo, definito dal dizionario come "qualcuno che teme e odia estranei o stranieri", è infatti anche un razzista ogni volta che non solo teme persone di una cultura e di una storia diverse, ma anche le odia.
Mi chiedo se loro, quasi 1/3 della popolazione britannica, che secondo il British Social Attitude Survey del 2013 ha ammesso di essere razzista a un certo livello, potrebbe trarre vantaggio dalla lettura di queste definizioni. Forse non trovano facile rendersi conto che discriminare o odiare qualcuno a causa del diverso colore della pelle o forma degli occhi è un atteggiamento molto superficiale. Non si rendono conto che il comportamento antagonista nei confronti di tutti noi che abbiamo un background culturale e storico diverso non può che essere dovuto all'ottusità e alla mancanza di comprensione.
Tutto ciò non può che indurmi a concludere che, in ultima analisi, il più delle volte, se non sempre, il razzismo e la xenofobia vanno a letto con l'ignoranza.
A rigor di termini, si potrebbe anche sostenere, nessuno di noi condivide esattamente la stessa storia: siamo tutti diversi in una certa misura e tutti abbiamo cose da imparare l'uno dall'altro.
Secondo lo stesso sondaggio di cui sopra la percentuale di razzisti dichiarati, in Gran Bretagna negli anni '80, era del 36%. E a eccezione di un piccolo picco nel 2011, probabilmente a causa degli attacchi terroristici dell'11 settembre, le cifre sembrano indicare che noi, come nazione, stiamo diventando meno razzisti.
Sebbene questa tendenza possa ispirare qualche speranza per una società più tollerante in futuro, va anche notato che, nonostante alcuni in disaccordo, il razzismo istituzionale è ancora vivo e fiorente in Gran Bretagna. Non solo all'interno del servizio di polizia, ma anche in tutta la società civile. I membri delle comunità nere e asiatiche, ad esempio, sembrano ancora essere sottorappresentati, con questa tendenza che peggiora, e non migliora, secondo alcune fonti.
Non dimentichiamoci che in Gran Bretagna, così come in altri cosiddetti "paesi democratici", ci sono leggi contro il razzismo.
Il Race Relation Act del 1976 dovrebbe proteggere le persone nel posto di lavoro contro la discriminazione basata sul colore, la razza, la nazionalità, il credo religioso o l'etnia: le molestie si verificano ogni volta che il posto di lavoro diventa un ambiente ostile, sia attraverso minacce dirette che "battute" dirette a una certa razza.
Ma le leggi non sembrano essere così efficaci: non affrontano le disfunzioni che causano comportamenti discriminatori ingiustificati. Forse, nel cercare di risolvere questo problema una volta per tutte, dovremmo educare i bambini delle scuole con maggiore vigore, sin dall'inizio dei loro anni formativi.
Nell'Irlanda del Nord, solo per citare una statistica che ho appreso accidentalmente, solo 12 dei 14.000 crimini d'odio razziale segnalati negli ultimi 5 anni si sono materializzati in un'azione penale.
Non sono le battute o le parole, in particolare se queste vengono pronunciate o scritte singolarmente senza aderire a un solido costrutto logico, o senza molta articolazione, che mi offendono. Le parole sono solo unità semantiche che non possono causare troppe offese di per sé stesse. Ciò che offende è il modo in cui alcune persone le impiegano, o le mettono insieme in modo da rivelare la loro palese ignoranza, o atteggiamento antagonistico. Quelle sottili ma basse provocazioni. Questo è ciò che mi offende e fa male.
La mia esperienza personale di persone razziste?
Prendi Annibale. Quando l'ho informato che il mio medico era un uomo di colore proveniente dall'Africa, questo individuo, presumibilmente preoccupato per il livello di professionalità della persona che era responsabile della mia salute, ha ribattuto con uno sguardo deluso: "Ah madonna!". Avrei preferito avesse usato la parola "negro", invece di "Ah madonna!", che ho percepito come una coltellata allo stomaco.
O prendi Merlo, che pensavo fosse mio amico. Quando notò che indossavo lo stesso tipo di scarpe che alcuni neri a Peckham amano indossare, causticamente osservò: "Black Luca". Non avrebbe potuto dire niente di più amaro.
E questi sono solo due degli insulti bassi e spregevoli rivolti a me stesso e alla mia comunità di Peckham. Insulti che non rientrano ancora nell'ambito del potere di applicazione della legge del paese.
"Dobbiamo salire sulle maestose altezze e far combaciare la forza fisica con la forza dell'anima... Riteniamo che questa verità sia ovvia, e che tutti gli uomini siano stati creati uguali..." (MLK)
La pena di morte (anno 2011)
(dibattito sul sito Esperanto lernu.net anno 2011)
Kursivo 7.3.2011
Sono sempre stato contrario alla pena di morte ma mi domando se sarebbe utile volerla introdurre come "opzione", un'ultima spiaggia per coloro che pensano che la condanna a cui sono stati sottoposti è totalmente ingiusta e/o insopportabile. O quando la pena a cui sono sottoposti è ritenuta più grave della perdita della loro vita. Ci sono prigioni e prigioni, si dice. Personalmente, piuttosto di essere uno di certi prigionieri statunitensi in detenzione solitaria, (non sono moltissimi per fortuna) preferirei essere morto, e vorrei almeno aver diritto ad una iniezione letale. Rappresenterebbe per me aver diritto ad un'ultima azione giusta per confermare quello in cui ho sempre creduto: certe barbarie di stato sono inaccettabili qualunque siano le giustificazioni per punire. Una democrazia non dovrebbe tollerare la tortura. Uno stato che tollera la tortura, secondo questa logica, è anche uno stato che ogni volta che si presentano tali situazioni ha già tollerato l'omicidio. Ma se nel mondo non ci fosse più la tortura, probabilmente non avrei mai sentito il bisogno di scrivere tutto questo.
Eddy 7.3.2011
Buoni pensieri, ma non bisogna confondere la pena di morte con la morte "desiderata" che equivale al suicidio.
Il suicidio, sebbene la chiesa lo condanni (non sono religioso io), è una soluzione a casi estremi, come descrivi tu, o anche malattie incurabili e può essere accettabile se voluto dall'individuo stesso.
Però prima bisogna eliminare il carcere crudele, la tortura e incoraggiare una giustizia umana, come c'è in alcuni paesi europei.
La pena di morte in certi paesi, Iran, Afghanistan, Pakistan, Cina, paesi arabi, anche per oppositori politici, per donne (lapidazione), omosessuali, è una cosa inumana e assolutamente orribile.
Kursivo 9.3.2011
Sono d'accordo e hai ragione. E forse nei casi estremi a cui mi riferisco, non sarebbe più troppo preciso parlare di pena di morte, anche se l'espressione "opportunità legalizzata per l'eutanasia", qualora fosse una vera opportunità, condurrebbe a tutti gli effetti al diritto di scontare la pena con la morte, qualunque sia stata la qualità della sentenza del giudice. Tutto ciò si riferisce sostanzialmente al fatto che ho la forte impressione che per certi crimini, certi regimi e persone crudeli non ritengono che una morte dignitosa del criminale sia una punizione adeguata o sufficiente per "saldare il conto con la società" (o anche, e più pateticamente, con Dio, come nel caso delle teocrazie). Anche in quei casi orribili di omicidi plurimi di cui veniamo a conoscenza attraverso i mass media e che fanno inorridire la gente, e che generalmente risultano nella carcerazione a vita, sarebbe auspicabile che fosse sempre garantito il beneficio del dubbio, ed eventualmente anche la possibilità di farsi terminare la vita. In teoria una politica che piuttosto cinicamente farebbe un favore al problema del sovraffollamento delle carceri e alle tasche dei contribuenti.
Secondo me, uno stato con orgoglio democratico non si dovrebbe mai abbassare al rischio di commettere degli obbrobri o infliggere delle punizioni palesemente sproporzionate al crimine. Per quanto riguarda il desiderio di morire,
c'è da considerare che questo desiderio (io lo chiamerei piuttosto "disperata via d'uscita") solitamente svanisce con la cessazione del trattamento crudele o tortura. Quanto vale la libertà? Quanto tempo o quanti anni vale la pena di passare
in una cella di 16,20 metri quadri con altre cinque persone disponendo, dunque, di una superficie di solo 2,7 metri quadri?
È una domanda che non vorrei mai trovarmi nella situazione di dovermi chiedere ma che vorrei potermi chiedere quando la speranza che la mia situazione cambi non è più sentita. In questo caso specifico che ho riportato per fare un esempio, dopo sei mesi il detenuto è stato trasferito con un'indennità irrisoria di mille euro. Una scampagnata, direbbero certuni della detenzione solitaria. Ma bada che qui ancora non ho discusso l'eutanasia, dove è chiaro che in certi casi di malattie terminali, per certi pazienti, questo desiderio di morire persisterà fino al decesso. E nei malauguratissimi casi estremi in cui il prigioniero sia anche vittima di una malattia grave, il trattamento crudele e/o le terapie punitive talvolta illegali rappresenterebbero un'ulteriore, abominevole aggravazione. Comunque, "io speriamo che me la cavo".
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